lunedì 26 ottobre 2015

Diazepam e apparato cardiovascolare nel cane e nel gatto - prima parte

Il diazepam fa parte della classe delle benzodiazepine che sono classificate
come tranquillanti minori.
Il diazepam, legandosi a specifici recettori, aumenta l'attività inibitoria del GABA
(acido gamma amino-butirrico) sulla trasmissione dell'impulso nervoso a livello
 di alcune parti del cervello (sistema limbico, talamo e ipotalamo).

Pertanto il diazepam mostra le seguenti attività :

- tranquillante e sedativa
- miorilassante
- anticonvulsiva
- ansiolitica
- oressizzante (stimolazione dell'appetito)

L'effetto tranquillante è in genere piuttosto blando.

L'attività miorilassante (es. riduzione degli spasmi muscolari) è efficace e
mostra un'azione additiva o sinergica con anestetici generali (es. propofol,
barbiturici).

Come anticonvulsivo è adeguato nel controllo delle crisi epilettiche e questa
sua proprietà viene anche utilizzata per gli interventi sul sistema nervoso
(mielografie, laminectomie).

La laminectomia è l'asportazione della parte superiore di una o più vertebre
(lamina) che scopre in tal modo il canale vertebrale contenente il midollo spinale.
Viene utilizzata per diminuire la compressione sul midollo spinale (es. ernia
del disco intervertebrale).

Il diazepam può essere usato per via orale nel trattamento cronico dell'epilessia
del gatto (anche se è preferibile usare il fenobarbitale) mentre questo non è
possibile nel cane in quanto si sviluppa una resistenza completa al farmaco
nel giro di una settimana.

Somministrato per via orale, è rapidamente assorbito e nel sangue si lega
abbondantemente alle proteine plasmatiche.
Attraversa la barriera ematoencefalica, la barriera placentare ed è presente
anche nel latte.
Viene trasformato nel fegato in metaboliti attivi che sono eliminati con le
feci e l'urina.








giovedì 15 ottobre 2015

Acepromazina e apparato cardiovascolare nel cane e nel gatto

L'acepromazina è forse il tranquillante più usato nella medicina del cane e del
gatto.
Questo farmaco fa parte della famiglia delle fenotiazine le quali agiscono sul
sistema nervoso (sistema reticolare) bloccando i recettori del neurotrasmettitore
dopamina.
Inoltre antagonizzano anche l'attività della serotonina.

L'acepromazina si presenta come farmaco :

- tranquillante
- antistaminico
- antagonista del sistema nervoso simpatico
- anticolinergico
- antispastico
- antiemetico

A livello dell'apparato cardiocircolatorio :

- sulla frequenza cardiaca leggero aumento o diminuzione evidente negli
  animali sedati. Nel boxer anche a dosaggi bassi e in altri cani (in genere
  a dosaggi elevati) bradicardia e arresto seno-atriale.
  Può essere presente tachicardia riflessa negli animali ipotesi.

- a dosi terapeutiche effetti minimi sulla contrattilità cardiaca anche quando
  somministrata in associazione con agenti anestetici.
  A dosaggi elevati è segnalata depressione miocardica e della muscolatura
  vasale.

- a dosaggi terapeutici non ci sono variazioni rilevanti sulla portata cardiaca
  (quantità di sangue espulsa dal cuore in un minuto)

- ipotensione per blocco dei recettori alfa vasali che è in genere ben tollerata
  negli animali sani ma non in quelli in stato di shock con ridotta portata cardiaca
  o ipovolemia.
  Sono stati segnalati casi di collasso sia nel cane sia nel gatto.
  Particolarmente sensibile all'ipotensione è la razza boxer dove si pensa
  che il collasso possa essere legato ad una sincope vaso-vagale.
  Si è visto inoltre che la somministrazione di epinefrina in animali
  precedentemente trattati con acepromazina può determinare una caduta
  paradossa della pressione in quanto i recettori alfa dell'epinefrina sono
  bloccati.

- attività antiaritmica che si reputa possa dipendere dall'attività chinidino-simile
  di blocco del sistema nervoso simpatico.
  L'acepromazina può inibire la comparsa di aritmie e della fibrillazione
  ventricolare indotta dall'attivazione del sistema simpatico durante l'anestesia
  con barbiturici e alotano.






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lunedì 5 ottobre 2015

Procedure interventistiche nel cane e nel gatto - settima parte

La valvuloplastica della polmonare viene eseguita con un catetere, munito ad
una estremità di un pallone, che viene introdotto nella vena giugulare o nella
vena femorale e, sotto controllo radioscopico, portato a livello della valvola
stenotica.
Quindi il pallone viene gonfiato con mezzo di contrasto e soluzione fisiologica
per una-tre volte per circa cinque-dieci secondi fino alla scomparsa della
strozzatura della valvola visibile alla radioscopia.

Il diametro del pallone deve essere 1,2-1,6 il diametro dell'annulus (anello)
valvolare.
La misura dell'annulus è calcolata con l'impiego dell'ecocardiografia (transtoracica
o transesofagea) e dell'angiografia.
In caso di annulus troppo grosso o con dimensioni della vena giugulare e femorale
troppo ridotte, viene usata la tecnica del double balloon dove due palloni sono
introdotti separatamente ma gonfiati simultaneamente a livello della stenosi.

Le complicazioni della valvuloplastica sono poco frequenti e raramente
diventano pericolose.

Tra queste :

- perforazione del cuore e dei vasi da parte del catetere o delle guide.
  Un'emorragia che interessa il tratto di efflusso (uscita) destro è in genere
  non importante mentre una che riguarda l'atrio destro o l'arteria polmonare
  può essere grave e richiedere la toracotomia d'urgenza.

- ostruzione dinamica del tratto d'efflusso al momento della riduzione della
  della stenosi che alcune volte può essere grave e richiedere l'immediata
  somministrazione endovenosa di esmololo (infundibulo suicida).
  Con una valvuloplastica adeguata l'ostruzione dinamica tende a ridursi nel
  tempo.

- aritmie per stimolazione diretta del ventricolo destro da parte del catetere che
  però raramente sono pericolose.

- ristenosi che può comparire a distanza di settimane o mesi dalla valvuloplastica
  in circa il 10-15% degli animali trattati.

- insufficienza della valvola polmonare che però non sembra essere una
  complicanza importante

La mortalità di questa tecnica interventistica è  in genere inferiore al 3% dei
casi trattati.

Generalmente viene considerata una valvuloplastica efficace quella che determina
una diminuzione del gradiente transvalvolare di almeno il 50% (anche se sono stati
proposti altri metodi di valutazione).
La percentuale di successo è del 70-80% e maggiore nelle stenosi di tipo A.

Dopo la valvuloplastica vengono effettuati controlli ecocardiografici dilazionati
nel tempo per valutare la diminuzione dell'ipertrofia del ventricolo destro e
quindi l'ulteriore riduzione del gradiente transvalvolare.

Il gradiente transvalvolare della valvola polmonare stenotica è la differenza
di pressione tra il ventricolo destro (a pressione più alta) e l'arteria polmonare
principale.