mercoledì 28 settembre 2016

Iperadrenocorticismo e cuore nel gatto - terza parte

Terapia dell'iperadrenocorticismo felino

Terapia medica

La terapia medica è meno adeguata rispetto a quella cane perché non esiste un
farmaco sufficientemente efficace per l'iperdrenocorticismo ipofisi-dipendente.
La terapia viene anche eseguita per l'iperadrenocorticismo surrenalico quando
non è possibile effettuare l'intervento chirurgico o in presenza di tumore
surrenalico metastatico.

I farmaci che sono stati utilizzati nel gatto sono il mitotano e quelli che
inibiscono la sintesi degli ormoni steroidei (steroidogenesi).

Il mitotano, al contrario del cane, si è dimostrato inefficace e pertanto non
viene utilizzato nel gatto.

Tra i farmaci che inibiscono la steroidogenesi sono stati impiegati :

Ketoconazolo
Somministrato a 5 mg/kg ogni 12 ore ha presentato scarsi risultati e
manifestato anche effetti collaterali.

Metirapone
Viene dispensato a 65mg/Kg ogni 12 ore. E' stato utilizzato per la
stabilizzazione dei pazienti prima dell'intervento chirurgico (4-6
settimane di terapia).
E' stato usato anche come sola terapia dell'iperadrenocorticismo ma il
blocco della produzione del cortisolo non dura oltre le 4-8 settimane.

Aminoglutetimide
Impiegato per stabilizzare i gatti prima dell'intervento chirurgico, inibisce
temporaneamente la sintesi del cortisolo forse in maniera più prolungata
rispetto al metirapone

Trilostano
Attualmente è il farmaco di scelta per la terapia medica in quanto fornisce
risultati migliori rispetto ai precedenti.

La sua somministrazione determina in genere un miglioramento della
sintomatologia, dei risultati dei test endocrini e aumenta i tempi di
sopravvivenza.
In circa due terzi dei soggetti si ottiene un controllo del diabete.

La posologia è di 30 mg/gatto ogni 24 ore o 3-4 mg/kg ogni 12 ore.

La correzione del dosaggio viene effettuata in base alla risposta clinica, al
test dell'ACTH e alla concentrazione degli elettroliti nel sangue dopo circa
quattro settimane di terapia o più precocemente se si sospetta lo sviluppo
di ipoglicemia o di ipoadrenocorticismo.

Terapia chirurgica

La terapia chirurgica prevede l'ipofisectomia o l'adrenalectomia bilaterale
per l'iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente e l'adrenalectomia unilaterale
per quello surrenalico-dipendente dove è la terapia di scelta.

L'ipofisectomia è l'asportazione del tumore (in genere un adenoma)
all'ipofisi.
L'adrenalectomia è l'asportazione del tumore alla ghiandola surrenale.






mercoledì 21 settembre 2016

Ipotiroidismo e cuore nel cane - sesta parte

La terapia dell'ipotiroidismo consiste nella somministrazione della levotiroxina
sodica (tiroxina sintetica) che può essere convertita nei tessuti periferici nella
forma biologicamente più attiva della triiodotironina (T3).

La levotiroxina presenta un'emivita nel cane di 10-14 ore ed una biodisponibilità
orale del 10-50% che diminuisce con l'assunzione contemporanea di cibo.

L'emivita di un farmaco è la quantità di tempo richiesto per ridurre del 50% la
sua concentrazione nel siero o nel plasma (nel sangue).
La biodisponibilità di un farmaco, somministrato per via orale, è la sua
percentuale che entra nella circolazione sanguigna e si rende disponibile
per l'azione terapeutica. La biodisponibilità di un farmaco è massima quando
questo viene somministrato per via endovenosa.

L'impiego terapeutico della triiodotironina non è consigliato perché questo ormone
ha un'emivita breve e deve quindi essere dispensato tre volte al giorno e determina
più facilmente lo sviluppo dell'ipertiroidismo iatrogeno (da farmaco).
La triiodotironina viene solo consigliata nei casi in cui la percentuale di
assorbimento intestinale della levotiroxina è inadeguata (nella triiodotironina
si avvicina al 100%).

Il dosaggio iniziale della levotiroxina sodica è di 0.02 mg/kg ogni dodici ore
che è un valore molto più elevato rispetto a quello utilizzato nell'uomo perché
nel cane l'assorbimento intestinale del farmaco è molto più basso.
Questo dosaggio deve essere ridotto nei pazienti cardiopatici del 25-75%.

La dose iniziale e la frequenza delle somministrazioni possono cambiare da
soggetto a soggetto in base alla variabilità individuale dell'assorbimento intestinale
e della metabolizzazione del farmaco.

Per valutare l'efficacia della terapia,  la levotiroxina deve essere somministrata per
almeno 6-8 settimane.

Già dopo la  prima settimana di  terapia l'animale si presenta più vigile ed attento
mentre la ricrescita del pelo è evidente dopo un mese anche se per una ricrescita
completa e la regressione dell'iperpigmentazione possono occorrere alcuni
mesi.

Il miglioramento della funzione cardiaca avviene normalmente entro otto
settimane di terapia anche se a volte sono necessarie fino a dodici settimane.

La perdita del peso si manifesta entro le prime otto settimane di trattamento
mentre le manifestazioni neurologiche migliorano già dopo 1-2 settimane di
terapia ma la loro completa risoluzione può richiedere 8-12 settimane.

Monitoraggio terapeutico

Il monitoraggio della terapia con levotiroxina comprende la valutazione della
risposta clinica al farmaco e la misurazione dei livelli sierici del T4 (tiroxina)
e del TSH (ormone tireotropo).

Queste misurazioni sono effettuate dopo 4-8 settimane dall'inizio della terapia
e anche quando è presente un'insufficiente o mancata risposta al trattamento
o quando compaiono segni riferibili all'ipertiroidismo.

La dose di levotiroxina deve quindi essere aggiustata in base alla risposta clinica
e ai valori del T4 e TSH.
In genere dal 20% al 50% dei cani richiede una correzione terapeutica.

Mancata o insufficiente risposta alla terapia

Un'insufficiente o mancata risposta alla terapia può essere dovuta a :

- scarsa collaborazione da parte del proprietario
- dosaggio inadeguato o non corretta frequenza di somministrazione della
  levotiroxina
- bassa biodisponibilità della levotiroxina
- farmaco scaduto
- errata diagnosi di ipotiroidismo










mercoledì 14 settembre 2016

Ipertiroidismo felino e cuore - sesta parte

Terapia chirurgica


Tiroidectomia (asportazione parziale o totale della tiroide)

La tiroidectomia permette di trattare l'ipertiroidismo in maniera definitiva.
Può essere utilizzata in presenza di iperplasia, di adenoma e di carcinoma
tiroidei con interessamento di uno o di entrambi i lobi.

La terapia chirurgica non è in genere indicata :
- con rischio anestesiologico alto
- con funzionalità renale sospetta o compromessa
- in presenza di tessuto tiroideo ectopico
- con carcinoma tiroideo metastatico


Per ridurre le complicazioni operatorie e post-operatorie, l'intervento chirurgico
è preceduto dalla somministrazione di metimazolo per ristabilire l'eutiroidismo,
correggere le alterazioni metaboliche e per valutare l'effetto sulla funzionalità
renale.
Dovrebbe essere anche effettuata un' ecografia della regione del collo e, se
possibile, una scintigrafia per valutare l'interessamento uni o bilaterale della
tiroide e per localizzare l'eventuale tessuto tiroideo ectopico.

La tecnica operatoria si avvale di due modalità : extracapsulare ed 
intracapsulare.
La prima prevede l'asportazione della ghiandola con la capsula mentre
nella seconda la capsula è conservata.
La modifica nel tempo di queste due tecniche operatorie ha permesso la
riduzione dell'ipoparatiroidismo post-operatorio nella tiroidectomia extracapsulare
e della recidiva dell'ipertiroidismo in quella intracapsulare.

Complicazioni post-operatorie

1) Ipocalcemia

    E' la complicanza più pericolosa della tiroidectomia bilaterale in seguito al
    danneggiamento, alla devascolarizzazione o alla asportazione delle ghiandole
    paratiroidi.
    I sintomi dell'ipocalcemia si manifestano di solito entro 72 ore dall'intervento
    ma qualche volta solo dopo 5-7 giorni.
    Quindi è buona norma, dopo la tiroidectomia bilaterale, controllare i livelli
    del calcio nel sangue ogni giorno per 5-7 giorni.
    I principali sintomi dell'ipocalcemia sono :
    letargia, anoressia, contrazioni facciali, paralisi similtetanica, convulsioni.
    Se sono state asportate tutte e quattro le ghiandole paratiroidi, si inizia subito
    una terapia con calcio e vit. D.
    Se invece le ghiandole sono ancora presenti ma hanno ricevuto un
    danneggiamento per la manipolazione intraoperatoria, è possibile
    l'insorgenza di una ipocalcemia transitoria che non necessita di terapia.

    La scomparsa dell'ipocalcemia avviene quando il danno alle paratiroidi non
    è permanente, quando sono attive ghiandole paratiroidi accessorie o quando
    è effettuato con successo l'autotrapianto delle ghiandole.
    La durata dell'ipoparatiroidismo provocato dalla tiroidectomia (iatrogeno) può
    essere di giorni, settimane o anche mesi.

2) Ipotiroidismo

    La comparsa dell'ipotiroidismo dopo tiroidectomia è piuttosto rara ed è più
    facile con tiroidectomia bilaterale.
    E' consigliata la somministrazione di levotiroxina solo in presenza di sintomi
    clinici con un T4 (tiroxina) basso.
    In genere dopo la chirurgia le concentrazioni del T4 sono inferiori al normale
    ma senza la presenza di segni riconducibili all'ipotiroidismo.

 3) Ipertiroidismo

     La persistenza di sintomi di ipertiroidismo dopo tiroidectomia è dato dalla
     presenza di questi fattori :

     - tessuto tiroideo anomalo non asportato
     - tessuto tiroideo anomalo nel lobo non asportato (nella tiroidectomia
       monolaterale)
     - presenza di tessuto tiroideo ectopico
     - presenza di carcinoma tiroideo metastatico

    I sintomi dell'ipertiroidismo possono essere curati con farmaci antitiroidei.
    Il tessuto tiroideo ectopico può essere trattato con iodio radioattivo.


Segni di ipertiroidismo possono presentarsi a distanza di mesi dall'intervento
per cui si raccomanda la misurazione delle concentrazioni del T4 una o due
volte all'anno.







mercoledì 7 settembre 2016

Uremia e cuore nel cane e nel gatto

L'uremia è l'accumulo di determinate sostanze azotate nel sangue (in particolare
l'urea) che non vengono adeguatamente eliminate dall'organismo per la presenza
di insufficienza renale.
L'uremia è presente nella sindrome cardio-renale di terzo e di quarto tipo
(malattia renale acuta o cronica che influenza l'attività del cuore).

Diversi sono i fattori che, in corso di malattia renale con uremia, condizionano
negativamente l'attività cardiaca.

- ipertensione sistemica (generale)
- sovraccarico di fluidi (sovraccarico volumetrico)
- anemia
- tromboembolismo polmonare
- ipertrofia ventricolare
- fibrosi cardiaca
- calcificazione cardiaca
- acidosi metabolica
- tossine uremiche
- alterazioni elettrolitiche
- versamento pericardico

1)    l'ipertensione arteriosa è una conseguenza comune dell'insufficienza renale.
       Viene favorita dall'attivazione del sistema simpatico (vasocostrizione) e del
       RAAS (Sistema renina-angiotensina-aldosterone) con ritenzione di liquidi
       e vasocostrizione
2)   sovraccarico volumetrico del cuore (aumento del sangue circolante) che
       porta alla dilatazione delle camere cardiache per attivazione del RAAS e
       del sistema simpatico. Aumento del consumo di ossigeno da parte del
       cuore che favorisce la comparsa di aritmie e di fenomeni ischemici.
3)   l' anemia, con la diminuita ossigenazione dei tessuti (ipossia tissutale),
       provoca vasodilatazione con decremento delle resistenze vascolari.
       In risposta a questi cambiamenti l'organismo trattiene acqua e sodio
       con aumento del volume sanguigno, della gittata sistolica e della
       portata cardiaca.
4)    il tromboembolismo polmonare è raro ed insorge in associazione con
       malattia renale proteino-disperdente (nefropatia proteino-disperdente).
5)    lo sviluppo dell'ipertrofia ventricolare è favorita dalla presenza di
       ipertensione sistemica, di sovraccarico volumetrico di sangue e nell'uomo
       anche dalla presenza di diabete mellito e di aterosclerosi.
       Sembra inoltre che la presenza di fattori di crescita e di tossine uremiche
       facilitino la comparsa dell'ipertrofia.
6)    lo sviluppo della fibrosi miocardica è incentivato dall'azione delle tossine
       uremiche e dalla attivazione di fattori di crescita dei fibroblasti.
7)    calcificazioni del miocardio, delle valvole cardiache e delle arterie
       coronarie sono la conseguenza di alterazioni del metabolismo della
       vitamina D, del calcio e del fosforo e della presenza di iperparatiroidismo
       secondario.
8)    l'acidosi metabolica può, tra l'altro, modificare la concentrazione del
       calcio nella cellula e deteriorare la contrattilità del cuore.
9)    alterazioni elettrolitiche, in particolare del potassio e del calcio, possono
       influenzare l'attività elettrica cardiaca e favorire l'insorgenza di disturbi del
       ritmo.
10)  le tossine uremiche hanno un azione diretta sul cuore stimolando
       l'ipertrofia e la fibrosi miocardica.
11)  il versamento pericardico è una complicanza non frequente dell'uremia
       con una presenza (media tra i vari studi) inferiore al 10% nel cane e
       dell'11% nel gatto.