giovedì 31 ottobre 2013

Acromegalia e cuore nel cane e nel gatto - terza parte

La terapia di scelta dell'acromegalia nel gatto potrebbe essere, in un prossimo
futuro, chirurgica con l'asportazione del tumore ipofisario (ipofisectomia
transfenoidale).
In medicina umana la terapia chirurgica è molto efficace per la risoluzione
della malattia in presenza di tumori di piccole dimensioni, mentre lo è molto
meno per neoplasie di dimensioni maggiori (macroadenomi).
Nel gatto è segnalato un caso di acromegalia trattato con successo con
l'ipofisectomia transfenoidale.
La radioterapia è stata invece utilizzata in diversi gatti e può permettere la
regressione del diabete o un suo migliore controllo ma sono segnalate anche
delle recidive del tumore.

La terapia medica si avvale della somministrazione di sostanze come la
bromoscriptina o l'octreonide.
In qualche soggetto l'octreonide ha determinato una diminuzione dei livelli
nel sangue dell'ormone della crescita (GH) e pertanto una terapia a lungo
termine potrebbe essere utile.
In medicina umana è anche utilizzato un farmaco più recente, il pegvisomant,
che contrasta l'attività dell'ormone della crescita e la produzione di
somatomedina (IGF-1) e determina la diminuzione dei livelli di IGF-1
in circa il 90% dei soggetti.

La sopravvivenza media dei gatti con acromegalia è di circa un anno e
mezzo dal momento della diagnosi.
I gatti muoiono soprattutto per insufficienza cardiaca congestizia resistente
alla terapia, per insufficienza renale o per problemi legati all'espansione
del tumore ipofisario.

Elevati livelli di ormone della crescita  sono stati rilevati in gatti con
cardiomiopatia ipertrofica ma senza tumore ipofisario e diabete mellito
ma questa relazione resta senza spiegazione.

Nel cane la terapia dell'acromegalia è la sterilizzazione dei soggetti o la
sospensione della somministrazione del progesterone.








sabato 26 ottobre 2013

Elettroliti e cuore nel cane e nel gatto - terza parte

In questo post completiamo la trattazione dell'iperkaliemia (potassio elevato
nel sangue) del cane e del gatto.

La terapia dell'iperkaliemia è data da :

1) rimozione delle cause che l'hanno prodotta come la risoluzione
    dell'ostruzione delle vie urinarie o la riduzione o sospensione della
    somministrazione di farmaci che innalzano il potassio nel sangue
    (es. spironolattone, ace inibitori)

2) nei casi meno gravi si possono somministrare resine a scambio ionico
    per favorire l'eliminazione del potassio attraverso l'apparato gastroenterico
    o diuretici dell'ansa (furosemide) per eliminarlo con le urine
 
3) quando l'iperkaliemia è elevata, va trattata immediatamente perché
    può provocare la morte dell'animale.
    Pertanto si somministrano :
    - destrosio al 5% senza o con insulina (favorisce l'entrata del potassio
       nelle cellule)
    - calcio gluconato al 10% endovena in 15-30 minuti per contrastare
       gli effetti dell'iperkaliemia sulla cellula cardiaca
    - bicarbonato di sodio (1- 2 mEq/kg endovena)
    - in medicina umana viene anche utilizzata l'emodialisi

L'ipokaliemia o ipopotassiemia è la concentrazione del potassio più
bassa del normale nel sangue.

Le cause principali di ipokaliemia nel cane e nel gatto sono :

1) eccessiva perdita attraverso l'apparato digerente per vomito, diarrea
    ma anche per l'uso eccessivo di clisteri o lassativi

2) in seguito alla diminuzione o alla mancanza di appetito

3) eccessiva perdita di potassio con le urine per terapia con fluidi troppo
    intensa, per malattie renali, per iperaldosteronismo secondario a malattie
    cardiache, epatiche e renali, per l'azione di farmaci diuretici come la
    furosemide

4) in seguito allo spostamento del potassio dall'esterno all'interno delle
    cellule per somministrazione di glucosio e insulina, nella chetoacidosi
    diabetica, nell'iperinsulinismo provocato dalla presenza di un insulinoma,
    nell'alcalosi respiratoria.

L'iperaldosteronismo è la presenza di livelli elevati di aldosterone nel
sangue. L'aldosterone, prodotto dalle ghiandole surrenali, promuove la
ritenzione di acqua e sodio ed è un ormone che gioca un ruolo fondamentale
nello sviluppo dello scompenso cardiaco.
L'iperinsulinismo è provocato dalla presenza di un tumore benigno del
pancreas (insulinoma) che determina un aumento patologico della secrezione
dell'insulina con diminuzione eccessiva del glucosio nel sangue e comparsa di
crisi ipoglicemiche.
L'alcalosi metabolica è un aumento del PH del sangue per perdita di
acidi o aumento dei bicarbonati. Il PH misura l'acidità o l'alcalinità di
una soluzione.
La chetoacidosi diabetica è una complicanza del diabete che richiede
una rapida correzione.






domenica 20 ottobre 2013

Doxorubicina e cuore nel cane e nel gatto - seconda parte

La cardiotossicità della doxorubicina nel cane e nel gatto è legata al suo
dosaggio (tossicità dose dipendente).
Quella acuta interviene durante o appena dopo la somministrazione del
farmaco mentre quella cronica ha importanti implicazioni cliniche.
Nel cane, infatti, la dose cumulativa sicura è tra 180 mg/metro quadro
(di superficie corporea) e 200 mg/metro quadro ma alle volte i soggetti
non tollerano dosaggi inferiori  a 180 mg/metro quadro e presentano aritmie
e anche casi di morte improvvisa mentre altri non hanno sintomi per dosaggi
superiori a 200 mg/metro quadro.

Nell'uomo sono stati individuati dei fattori di rischio, che possono valere
anche per il cane e per il gatto, come l'alta dose cumulativa, gli elevati livelli
di doxorubicina nel sangue, la presenza di malattia cardiaca e la sua
somministrazione assieme ad altri farmaci antitumorali.

I sintomi di cardiotossicità sono intolleranza all'esercizio, dispnea, tosse e
anche ascite e sono legati alla comparsa di aritmie e/o di insufficienza cardiaca
congestizia.
L'insufficienza cardiaca congestizia è più frequente nel cane rispetto al gatto
e può manifestarsi in qualsiasi momento anche dopo un breve periodo di terapia
o a distanza di mesi dalla fine del trattamento (nell'uomo anche a distanza di
anni).

Gli esami strumentali per la diagnosi di cardiotossicità della doxorubicina
comprendono la radiografia, l'elettrocardiogramma e l'ecocardiografia.
La radiografia toracica  può mostrare cardiomegalia (cuore ingrandito),
segni di edema polmonare e/o di versamento pleurico.
L'elettrocardiogramma può presentare numerose alterazioni, più frequenti
nel cane, che possono riguardare il tratto ST, l'onda T o il complesso QRS.
Le aritmie possono essere atriali o ventricolari, alcune volte benigne e senza
ripercussioni sulla circolazione del sangue, altre volte possono determinare
la morte improvvisa dell'animale.
Sono anche visibili anomalie della conduzione dell'impulso elettrico come il
blocco di branca destro o sinistro.

Sempre sulla doxorubicina potete anche leggere
http://www.infocardiovet.com/2013/09/doxorubicina-e-cuore-nel-cane-e-nel.html









mercoledì 16 ottobre 2013

L'idralazina nella terapia cardiologica del cane e del gatto

L'idralazina è un farmaco che viene utilizzato nel cane e nel gatto nella terapia
delle malattie del cuore.
E' un potente vasodilatatore con un'azione che si esplica quasi unicamente
sulla muscolatura dei vasi arteriosi (le vene sono praticamente insensibili alla
sua azione) con l'aumento di una sostanza, la prostaciclina, che causa una
diminuzione del flusso del calcio all'interno della cellula.

Inoltre possiede un effetto inotropo positivo (aumento della contrattilità del
cuore) probabilmente dato dal rilascio di istamina che a sua volta stimola quello
della noraepinonefrina, una catecolamina, che aumenta la contrattilità del cuore.

Quando l'idralaziona è in azione si ha un calo delle resistenze vascolari
sistemiche (generali) con diminuzione anche marcata della pressione
sanguigna specialmente a livello del cervello, dei reni, dei vasi coronarici
e dell'intestino.
A dosaggio terapeutico la pressione scende anche del 40%.
Inoltre l'idralazina aumenta il flusso sanguigno del rene e può migliorare la
sua funzione alterata.
Infine incrementa la secrezione della renina, una sostanza che promuove un
sistema dell'organismo detto RAAS che attua la ritenzione di sodio ed acqua.

Le patologie che possono richiedere l'uso dell'idralazina, in genere
sempre in aggiunta ad una preesistente terapia cardiologica, sono:

- grave insufficienza mitralica refrattaria alla terapia (es. nell'endocardiosi)
- grave insufficienza aortica (es. nella endocardite infettiva)
- ampio difetto del setto interventricolare
- ipertensione sistemica (generale)
- ipertensione polmonare secondaria a filariosi

Un limite all'utilizzo del farmaco è la presenza di effetti collaterali come
ipotensione, anoressia, vomito e diarrea che sono relativamente comuni.

L'ipotensione può dare debolezza e depressione e qualche volta può anche
essere grave specialmente se l'animale è già in trattamento con un altro
vasodilatatore mentre il vomito può richiedere la sospensione o la riduzione
del dosaggio.
L'idralazina può stimolare la comparsa di tachicardia riflessa con un aumento
della frequenza cardiaca tale da richiedere l'uso di farmaci (beta bloccanti) per
diminuirla.

I dosaggi variano da 0.5 mg/kg a 3 mg/kg ogni 12 ore, cominciando in genere
con dosaggi bassi fino al raggiungimento della dose efficace, preferibilmente
con il controllo della pressione sanguigna.

Quindi l'idralazina è un farmaco utile nei casi refrattari alla terapia ma 
la sua somministrazione richiede particolare attenzione e può essere 
limitata dalla comparsa di effetti collaterali.

Potete anche leggere il post sui vasodilatatori nella cardiologia del cane e del
gatto http://www.infocardiovet.com/2012/09/luso-dei-vasodilatatori-nella.html








venerdì 11 ottobre 2013

I diuretici dell'ansa nella cardiologia del cane e del gatto - prima parte

I diuretici dell'ansa sono una classe di farmaci che ha una prevalente azione
a livello del tratto ascendente dell'ansa di Henle del nefrone.
Il nefrone è l'unità costitutiva del rene ed è composto da un glomerulo renale,
dove il sangue viene filtrato e da un tubulo contorto prossimale, un'ansa di Henle,
e un tubulo contorto distale dove il filtrato viene trasformato in urina.
Ogni rene ha più di un milione di nefroni.

I principali diuretici dell'ansa sono l'acido etacrinico, poco usato in medicina
veterinaria, la bumetanide, anch'essa poco usata, la torsemide che comincia
ad essere utilizzata con una certa frequenza e la furosemide, la più impiegata.
Il meccanismo d'azione di questi diuretici è il blocco del riassorbimento del
sodio, potassio, cloro, calcio, magnesio e un aumento della loro eliminazione
con le urine.
Sono i più potenti diuretici oggi disponibili e hanno un ruolo fondamentale 
nella terapia delle malattie cardiache e sono attivi anche con funzionalità
renale alterata.

La bumetanide è un diuretico molto potente, circa cinquanta volte la furosemide
nel cane.
Determina una dilatazione arteriosa a livello renale con un incremento del flusso
sanguigno.
Inoltre stimola l'aumento della secrezione di un ormone, la renina (prodotta dai
reni), che provoca l'attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone 
(RAAS) in seguito alla diminuzione del sangue circolante causata dal diuretico.
Il RAAS è un meccanismo ormonale che regola la pressione del sangue,
la sua quantità circolante e il tono dei vasi (vasocostrizione, vasodilatazione).

Somministrata nel cane per via orale, è già attiva entro un'ora, raggiunge la
massima azione entro due ore e la sua attività persiste per 4-5 ore.
Per via endovenosa raggiunge il picco d'azione entro un'ora e la sua attività
perdura per 3-4 ore.
Il dosaggio consigliato è di 0.02-0.1 mg/kg ogni 8-24 ore.

La sua biodisponibilità è superiore a quella della furosemide.
La biodisponibilità di un farmaco è la sua percentuale che arriva nel sangue
senza subire trasformazioni e quindi quello che ha una biodisponibilità
superiore raggiunge l'organo, su cui deve agire, in quantità maggiore.

Potete anche consultare il post sulla torsemide al seguente link
http://www.infocardiovet.com/2013/08/torsemide-torasemide-nel-cane-e-nel.html








sabato 5 ottobre 2013

La chinidina nella cardiologia del cane e del gatto - prima parte

La chinidina, un alcaloide vegetale derivato dalla corteccia di china,
è utilizzata come antiaritmico nel cane e  più raramente nel gatto.
La chinidina è stata usata per la prima volta nell'uomo, come farmaco
antimalarico, nel 1853 da Pasteur.
Invece le sue proprietà antiaritmiche sono state scoperte molto più tardi.
Risale infatti al 1918 il primo impiego nella terapia della fibrillazione atriale.

La chinidina è un antiaritmico di classe IA secondo la classificazione di
Vaughan Williams e le principali azioni sul cuore sono :

1) diminuzione della velocità del impulso elettrico (effetto dromotropo
     negativo)

2) diminuzione della contrattilità (effetto inotropo negativo)

3) diminuzione dell'eccitabilità (effetto batmotropo negativo) che è la
    capacità della cellula cardiaca, in risposta allo stimolo, di ridurre il proprio
    potenziale a riposo oltre un certo livello (soglia di potenziale) per potere
    generare un potenziale d'azione.

Queste azioni sul cuore sono provocate dalla modalità con cui agisce la
chinidina nel cane e nel gatto con il blocco all'entrata degli ioni sodio nelle
cellule nella fase 0 del potenziale d'azione e il blocco selettivo dei canali
del potassio nella fase di ripolarizzazione.

Quindi il potenziale d'azione è prolungato, il periodo refrattario è aumentato
e l'automatismo delle cellule cardiache è diminuito.

Il potenziale d'azione è l'evento elettrico che causa la contrazione del cuore.
Il periodo refrattario è il tempo nel quale la cellula cardiaca non è sensibile
a stimoli esterni.
L'automatismo è la capacità delle cellule cardiache di generare i loro
stimoli e produrre un potenziale d'azione. L'automatismo tipico del cuore
è quello del nodo senoatriale da dove, in condizioni normali, origina
l'impulso elettrico che porta alla contrazione del cuore.

Inoltre la chinidina ha un'azione di contrasto del sistema parasimpatico
(azione vagolitica) che provoca l'aumento della velocità di conduzione
dell'impulso elettrico e la diminuzione del periodo refrattario delle cellule
del nodo atrioventricolare.
Quindi l'attività della chinidina è data da una azione diretta sulle cellule
cardiache e da una indiretta attraverso la sua azione vagolitica.

Per ultimo la chinidina nel cane e nel gatto diminuisce l'attività degli
alfa-recettori dei vasi che regolano il loro tono (effetto alfa litico) per cui
la sua somministrazione per via endovenosa può causare vasodilatazione
e ipotensione anche marcate.